Se amate l’arte, andate al cinema. Ma segnate subito in agenda le date del 17 e 18 gennaio, perché sono gli unici giorni in cui verrà proiettato nelle sale il docu-film “Segantini. Ritorno alla natura” (l’elenco delle sale è sul sito di Nexo Digital che lo distribuisce: www.nexodigital.it).
Senza patria
Diretto da Francesco Fei, il lungometraggio vede il bravo Filippo Timi nei panni del pittore originario di Arco, in Trentino. Ma attenti a definirlo “italiano”. Per tutta la vita, infatti, Segantini rimase un apolide, un senza patria. Nato in un territorio che allora apparteneva all’Impero Austro-Ungarico, per una serie di motivi non ottenne mai la cittadinanza italiana. Poco importa: la sua arte valicò le amatissime montagne ancora lui vivente e resiste al tempo.
Una citazione del pittore Carlo Carrà che scorre all’inizio del film rende bene il valore e il ruolo di Segantini:
Giovanni Segantini ha diritto a un posto durevole nella nostra memoria. È stato, a parte la teoria del divisionismo e ogni questione di tendenza, per molti anni il centro di attrazione della gioventù italiana alla quale noi appartenevamo; è stato l’eroe, l’idolo della nostra fanciullezza. Si giurava sulla sua arte come il vangelo della vera pittura moderna.
L’ha testimoniato, se ce ne fosse bisogno, il successo della mostra allestita due anni fa al Palazzo Reale di Milano, visitata da oltre 200 mila persone in 4 mesi. Presentando a Milano il suo lavoro il regista Fei ha ricordato i commenti entusiastici dei visitatori, ammirati dal livello delle opere del pittore che non hanno nulla da invidiare a quelle dei maestri dell’Impressionismo, come Monet e Renoir.
Nel docu-film “Segantini. Ritorno alla natura” ci sono molte delle tele presenti alla mostra milanese, ma anche diverse opere non inserite nel percorso espositivo.
Una vita da film
Attraverso il racconto di diversi studiosi, il film ripercorre la vita romanzesca di Segantini. A parlare sono la nipote dell’artista, Gioconda Segantini, Annie-Paul Quinsac, massima esperta della sua arte, il direttore dell’Accademia di Brera a Milano (frequentata da Segantini per quasi tre anni) Franco Marrocco e Romano Turrini, storico di Arco. E poi ci sono brani di lettere dello stesso pittore, rievocati da Timi-Segantini.
Il regista “incontrò” Segantini alla GAM – Galleria d’Arte Moderna di Milano, rimanendo folgorato dal quadro “L’Angelo della vita”. All’inizio subì l’effetto dei pregiudizi che gravano sulla figura di Segantini, da alcuni considerato soltanto un bravo vedutista. Ma studiandone l’opera, Fei se ne innamorò, colpito, tra le altre cose, dal rapporto estremamente moderno dell’artista con la natura.
Il docu-film indaga anche il legame con le donne, a cominciare da quello con la madre, persa quando era ancora bambino e dalla felice unione con la moglie Bice, conosciuta quando, diciassettenne, posò per lui mentre dipingeva “La falconiera”. Quella tra di loro fu una storia d’amore “cinematografica” ha detto il regista. Importante fu anche la giovane domestica Barbara “Baba” Uffer, utilizzata come modella per numerose opere.
Le montagne di Segantini
Ma prima dell’amore Segantini conobbe il riformatorio: fu infatti arrestato a 12 anni per oziosità e vagabondaggio. Avrebbe potuto passare la vita come un balordo e invece si riscattò dalla condizione di miseria in cui si trovava grazie all’arte. Il fratellastro Napoleone aveva un piccolo studio fotografico e lo istruì sulle tecniche della fotografia e della stampa.
Insieme all’arte di Segantini sono le montagne le protagoniste del docu-film. Il pittore considerò sempre l’ambiente montano come la sua vera patria perché gli ricordava il “paradiso perduto” dell’infanzia, la cornice del suo presepe familiare. Le montagne compaiono in molte scene, spesso registrate in time-lapse: così le nuvole scorrono velocemente, dando dinamicità a scenari monumentali.
Nelle sue composizioni Segantini non lasciava nulla al caso. Anzi, pagava i montanari perché si disponessero con i loro animali nelle posizioni che lui richiedeva. Era un vero e proprio regista dei suoi quadri, come per esempio quello intitolato “Alla stanga” (1885).
GIOVANNI SEGANTINI
Ritorno alla Natura
Nelle sale il 17 e 18 gennaio 2017