Lo sapevate che c’è lo zampino del diavolo nella costruzione del Duomo di Milano? E che la Veneranda Fabbrica vanta ancora un debito nei confronti di Napoleone? E che l’olmo più antico d’Italia ha la stessa età della cattedrale meneghina e che finché sopravviverà l’albero, rimarrà in piedi la chiesa?
Questi e altri aneddoti sono raccontati nel film “L’infinita fabbrica del Duomo” di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti, nelle sale cinematografiche a partire dal 31 marzo, distribuito da Lab80 Film. Ve ne sveliamo alcuni in questa recensione.
Il documentario si apre con le cave di Candoglia, sopra il Lago Maggiore, dalle quali venne estratto il marmo dal caratteristico colore bianco-rosa che riveste la cattedrale milanese. E subito una breve didascalia racconta la leggenda secondo la quale all’olmo piantato nel 1386 è strettamente legata la storia del Duomo, la cui prima pietra viene posta proprio in quell’anno.
Gian Galeazzo Sforza, duca di Milano, una notte sognò il diavolo che gli ordinava di costruire un edificio maestoso ricco di immagini demoniache. Se non l’avesse fatto, sarebbe finito dritto all’inferno! In accordo con l’arcivescovo Antonio da Saluzzo il duca diede avvio alla grandiosa opera che fu dedicata a Santa Maria Nascente. È curioso però notare che quasi cento delle 3400 sculture (tra statue e doccioni) rappresentano figure demoniache…
Il film è praticamente senza parlato: a raccontare la storia del Duomo sono le immagini e i documenti custoditi dalla Veneranda Fabbrica, con l’inserimento di citazioni tratte dai testi su Milano e sul Duomo scritti da Guido Lopez, Silvestro Severgnini e Carlo Ferrari da Passano.
Così mentre vediamo il “cimitero” delle statue rovinate dal tempo e le complesse operazioni di restauro, leggiamo che nei secoli oltre mezzo milione di blocchi di marmo arrivarono in città via barca e che i Milanesi dovettero attendere quasi quattrocento anni per vedere la Madonnina sulla guglia maggiore del Duomo, a quasi 110 metri d’altezza.
La statua realizzata da Giuseppe Perego fu infatti posta soltanto nel 1774, diventando da allora il simbolo di Milano. Misura oltre quattro metri ed è rivestita di 6.750 foglie d’oro: è talmente brillante che durante la seconda guerra mondiale venne coperta di stracci per evitare che diventasse un punto di riferimento durante i bombardamenti degli Alleati.
Alla costruzione del Duomo hanno contribuito per secoli ricchi e poveri, artigiani, operai e avvocati, laici e religiosi. Persino le donne di strada offrirono un obolo collettivo, che la più ricca tra loro, Raffalda, raddoppiò pubblicamente.
Di aneddoto in aneddoto si srotola la storia del Duomo, mentre la macchina da presa segue i custodi nei loro giri di controllo all’apertura e alla chiusura.
Le scene più belle sono quelle finali, con le statue sulla punta delle guglie che sembrano emergere da un mare azzurro (il cielo), increspato dalla spuma delle onde (le nuvole). E particolarmente intensa è l’ultima citazione:
Sicché, scolpito in questo grandioso monumento,
noi vediamo il racconto di tante generazioni,
ma anche il segno profondo della natura che impiega
10.000 anni per trasformare un deposito di conchiglie
in una vena di marmo rosa.
Il Duomo è cresciuto da una conchiglia, le conchiglie sono cattedrali.
Si esce dal cinema con la voglia di far visita al Duomo e al suo Museo, recentemente rinnovato. In occasione del Salone del Mobile, per esempio, è prevista una visita guidata speciale.
E voi, siete mai saliti sul tetto del Duomo?
L’INFINITA FABBRICA DEL DUOMO
Un film di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti
Italia 2015, 74′
www.lab80.it