Alla Galleria Fatto ad Arte di Milano si può visitare fino al prossimo 22 dicembre, con ingresso libero, la mostra “Mosaico di Spilimbergo. Oggetti domestici per abitare con arte”. Perché andarci? Perché si possono ammirare splendide opere contemporanee che rivitalizzano la tecnica classica del mosaico.
Scrive giustamente Anty Pansera nel catalogo della mostra:
Sempre più diffusa è la voglia del pezzo unico o quasi unico, “importante”, che sia diverso e di qualità: una qualità che si deve anche imparare a ri-conoscere.
E come fare a riconoscere la qualità? Osservando gli oggetti da vicino, sfiorandoli – delicatamente – con le mani, chiedendo informazioni e chiarimenti a chi li ha realizzati. I pezzi esposti alla Galleria Fatto ad Arte sono oggetti d’arredo che ogni visitatore vorrebbe nella propria casa: specchi, tavolini, consolle e vasi (un discorso a parte per le urne cinerarie…).
Il mosaico torna in casa
Protagonista è il celebre artista Ugo La Pietra che oltre trent’anni fa, agli inizi degli anni Ottanta, s’impegnò a reintrodurre il mosaico nelle abitazioni. Avendo notato che a Spilimbergo, città della provincia di Pordenone legata alla lavorazione del mosaico, c’erano tempi morti tra una grande commessa e l’altra (mosaici per cattedrali e moschee, stazioni della metropolitana e hotel…), pensò bene di riempirli con la produzione di oggetti d’arredo “d’eccezione”: tavoli e tavolini, vassoi, specchiere, centrotavola, sottopentole, portacandele e appendiabiti…
In mostra ci sono alcuni suoi disegni appesi alle pareti, ma soprattutto alcuni oggetti d’arredo domestico “fatti ad arte”, come il tavolino intitolato “La tovaglia” realizzato dalla Scuola Mosaicisti del Friuli nel 2009. Al presente dialoga con il vicino tavolino di Paolo Coretti “Tutto finisse” (realizzato nello stesso anno da Alverio Savoia), ma strizza un occhio alle coperture musive di Ravenna (come il cielo stellato raffigurato nel Mausoleo di Galla Placidia), così come il tavolino di Coretti rimanda ai mosaici di “pavimenti non spazzati” tanto cari agli antichi.
Un mare di mosaici
Il tavolo “Filicudi” di La Pietra ha il piano rivestito di tessere in pasta vitrea con la raffigurazione di due ragazze che giocano a palla. Possiamo leggerla come una colta citazione del celeberrimo mosaico della Villa del Casale di Piazza Armerina, quello delle fanciulle in “bikini” (riprodotto su tutti i manuali di storia dell’arte).
Il suo vaso “Novembre” sta accanto al “Gennaio” di Ugo Marano e alle urne cinerarie disegnate dallo stesso Marano, da Giuseppe Rocco e da Paolo Coretti. È di quest’ultimo la raffinata urna “Sprofondare nel profondo mare” che lega con levità il tema della morte all’immagine del mare.
Il mare torna spesso in queste opere, come nella consolle di Ugo La Pietra intitolata “Specchio mediterraneo”, un mezzo sole azzurro che si riflette nello specchio. Del resto il Mare “interno”, un tempo Mare Nostrum, è un mosaico di culture e tradizioni artistiche, dalle mille sfumature.
Un altro filo conduttore è l’ironia che sfiora opere e titoli, da “A bocca aperta” di La Pietra a “Ti vedo” di Alessandro Vicari. Sono due dei tanti specchi – uno più bello dell’altro – a cui dobbiamo aggiungere almeno “Finestra” di Elisabetta Gonzo e “Stella nascente” di Andrea Pellicani, in cui le superfici mosaicate regalano un’affascinante luminosità.
Visitando la mostra ci si perde in giochi di sguardi, rimandi e riflessi. Fatti ad arte.
Didascalie:
- Giuseppe Rocco
Organica
Urna cineraria
Realizzata da Luciano Petris (2009)
Urna metallica, tessere lapidee, paste vitree ed elementi ceramici - Alcuni dettagli di opere esposte in mostra
- Ugo La Pietra
Specchio mediterraneo
Consolle
Realizzato da Mosaic Line (1998)
Struttura metallica dipinta, tessere lapidee a spacco, inserti in pasta vitrea - Paolo Coretti
Bianconero
Tavolino
Realizzato da Nea nel mosaico (1997)
Struttura metallica, tessere lapidee naturali