La Galleria Fatto ad Arte di Milano espone fino al 7 maggio (ma probabilmente per qualche giorno in più) la mostra intitolata “Angelo Mangiarotti – Ugo La Pietra. Alabastro di Volterra. La Materia tra Forma e Sostanza”. È organizzata dalla proprietaria Raffaella Fossati che è stata allieva di Ugo La Pietra.
Opere in dialogo
Nel 1997 aprì a Monza la sua galleria, proprio con una mostra dedicata all’alabastro di Volterra. Quasi vent’anni dopo ha voluto inaugurare, in occasione del Salone del Mobile, la nuova sede milanese tornando sul tema, anzi sul materiale. E l’ha fatto esponendo venticinque opere accompagnate dai disegni originali, dodici di Mangiarotti e tredici di La Pietra.
Sono dunque molteplici i dialoghi che si stabiliscono in Galleria: prima di tutto tra i due artisti, poi tra i disegni e le opere realizzate e infine tra la mostra attuale e quella passata.
Mentre ci presenta l’esposizione, la gallerista non nasconde la sua amarezza. “In vent’anni non è cambiato nulla”, spiega, se non il fatto che molti degli artigiani di una volta non ci sono più. Quelli rimasti fanno ancora più fatica di prima. L’artigianato artistico in Italia, infatti, sta vivendo una profonda crisi.
“È grave che i pezzi qui raccolti non siano esposti in un museo”. Si tratta di opere storiche, realizzate tra il 1982 e il 1998 dalla Cooperativa Artieri Alabastro e da ALI Alabastri Lavorati Italiani. Ma i musei italiani non hanno risorse o non comprendono il valore di questi lavori che invece attirano l’interesse di gallerie americane e francesi.
Ciascun pezzo è un gioiello. Guardando più da vicino, si ammira la maestria nel trattamento dello scaglione che è il più celebre alabastro bianco. La sua trasparenza risulta esaltata quando il manufatto viene illuminato scenograficamente.
Pizzi e merletti
Anche senza particolari giochi di luce, invece, si apprezzano le scanalature verticali e le lisciature, gli effetti della martellinatura e della smerlettatura: non c’è stampo nel lavoro dell’alabastro! È tutto fatto a mano.
Nelle opere di Ugo La Pietra stupiscono le piccole preziosità come le forature della serie “Pizzi e merletti” che ricordano proprio i merletti della nonna. Sono rese possibili dalla duttilità straordinaria dell’alabastro di Volterra, insieme forte e fragile, molto più friabile e facile da lavorare rispetto al marmo. Che meraviglia la Scatolina, l’alzatina “Bonsai” e il Piatto scanalato!
Totalmente diverso l’approccio di Mangiarotti, architetto scomparso nel 2012. Il suo segno è molto deciso e conferisce ai manufatti un aspetto “morbido” dalle linee arrotondate, come se l’alabastro fosse il gioco effimero della spuma delle onde del mare. Altri pezzi hanno geometrie classiche che li apparentano ai vasi e ai piatti dell’antichità.
Non perdetevi questa piccola mostra sull’alabastro!
Le due foto centrali sono di Aurelia Raffo.
Informazioni:
www.fattoadarte.com/