Il nostro reportage sulla Valle della Loira si conclude con una terza puntata dedicata alla gastronomia. In effetti, dopo aver visitato gli splendidi castelli e ammirato i meravigliosi giardini, è venuto un po’ di appetito, vero?
La forchetta valica le Alpi
Nel parco del castello del Clos-Lucé, ultima dimora di Leonardo da Vinci, si trova L’Auberge du Prieuré, un piccolo ristorante in cui la cucina rinascimentale viene presentata e gustata. Prima di mangiare, infatti, gli ospiti ricevono interessanti informazioni su come si stava a tavola cinque secoli fa e su come venivano preparati i piatti e quali erano i loro ingredienti, le spezie e le erbe.
Ne sono cambiate di cose da allora! Non soltanto per l’arrivo dalle Americhe di prodotti che sono entrati nella nostra cultura gastronomica talmente in profondità che li consideriamo “nostri” da sempre, come i pomodori e le patate, ma anche per quanto riguarda il bon ton, gli utensili e gli accessori.
Innanzi tutto la Francia era affascinata dall’arte e dalla moda d’Italia (anche se non è corretto storicamente parlare d’Italia, visto che all’Unità siamo arrivati soltanto nel 1861).
Fu Caterina de’ Medici, figlia di Lorenzo II, a introdurre in Francia l’uso della forchetta quando andò in sposa al re Enrico II. La sua famiglia l’utilizzava a tavola a Firenze, mentre in Francia soltanto il cuciniere adoperava un forchettone a due rebbi.
Mangiare meno e meglio
Ma perché si diffuse la “moda” della forchetta? Essenzialmente per due motivi: per igiene (curata maggiormente rispetto a quanto avveniva nel medioevo) e per non sporcare abiti e gorgiere. La moda infatti aveva imposto questo vistoso colletto pieghettato. Più grande era, maggiore era il “peso” sociale della persona che lo portava.
La gorgiera aveva in realtà anche una funzione pratica: nascondere alla vista degli ospiti i segni della sifilide, malattia venerea molto diffusa al tempo, ma di cui nessuno rivendicava la “paternità”, tanto che in Italia era detta “mal francese” e in Francia “mal napoletano” o “mal spagnolo”.
A tavola si comincia a comportarsi bene. Si mangia meno, con più attenzione alla salute e alla qualità del cibo piuttosto che alla quantità. Lo stesso Leonardo da Vinci ci ha lasciato massime sulle salute, anche se gli studiosi non sono concordi sul fatto che fosse vegetariano: nelle sue carte compaiono liste della spesa in cui sono segnati acquisti di carne.
Le buone maniere vengono codificate in manuali e diffuse di corte in corte.
A casa di Christophe
Pochi chilometri separano la cucina rinascimentale fatta rivivere al Clos-Lucé dalla gastronomia francese di ultima generazione.
A Montlivault, a metà strada tra Tours e Orleans, nei pressi del castello di Chambord, c’è il piccolo regno di Christophe Hay, su cui brilla una Stella Michelin. Si chiama La Maison d’à Côté, affiancata da poche settimane da un secondo locale, il Côté Bistro.
Lui è uno chef giovane, dal sorriso aperto e contagioso, come il suo amore per la cucina. Di cui dice: “La cucina è una passione. Degustarla è una golosità”.
Impossibile dagli torto, soprattutto se si ha la fortuna di gustare i suoi piatti, come è accaduto a noi. Il nostro menu di tre portate si apriva con un aperitivo della casa che comprendeva una “brioche à la Violette” ed era così composto:
- Asparagi bianchi di Saint Claude
- Storione della Sologne
- Ile Flottante
Non vi è venuta fame?